Profumeria moderna - luogo di nascita: Venezia
- Paola, La Casuarina
- 10 ott
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Aggiornamento: 6 giorni fa
Il periodo storico tra il basso Medioevo e il Rinascimento vede la tradizione profumiera caratterizzare la storia della città di Venezia.
È un capitolo della nostra storia sconosciuto, oscurato forse dal grande ruolo che la Francia ha avuto nei secoli successivi e dalla sua capacità di esaltare la tradizione in funzione positiva verso il settore cosmetico nazionale.
Un approfondito lavoro di ricerca ha portato alla luce nuove fonti documentarie e letterarie che sono poi state analizzate sia dal punto di vista storico che tecnico cosmetico.

L'arte profumiera veneziana: un'eredità bizantina
Venezia emerge come baluardo bizantino nel territorio italico. È del 537 d.C. la prima fonte letteraria che ce ne parla.
A causa delle due invasioni longobarde del 569 e del 639, tutte le città dell’entroterra vengono conquistate e le popolazioni affluiscono nei più sicuri lidi della laguna veneta, dando vita a una comunità urbana organizzata e in grande espansione, riconosciuta da Costantinopoli e che definisce condizioni particolarmente favorevoli nei rapporti tra l’Impero bizantino e Venezia.
La cultura bizantina influisce profondamente nella formazione della società veneziana ed è indubbiamente all’origine della sua tradizione cosmetica.
Costantinopoli era considerata la città più ricca del mondo conosciuto, la nuova Roma. I suoi abitanti avevano costumi sofisticati, vivevano nel lusso e il profumo era parte integrante del loro stile di vita.
Grazie a una folta stirpe di medici bizantini la cosmetica ebbe un fondamentale impulso. Questi si rifacevano alla tradizione ippocratica, ellenica e romana e poi galenica e hanno arricchito la scienza medica con la loro grande esperienza.
De materia medica
di Dioscoride del I secolo d.C, testo importante perché per la prima volta lo studioso greco utilizza il termine ‘botanica’, che poi designerà una scienza.
Si tratta del più antico erbario conservato fino ai giorni nostri,
ordina in maniera analitica ogni pianta
si avvale di illustrazioni
per la prima volta si parla di distillazione
‘Distillare è imitare il sole, che evapora le acque della terra e le rinvia in pioggia’.

Questo permetteva così di utilizzare diverse essenze e spezie unendole in forma diversa, abbandonando quello che era il sistema greco romano dell’olio.
Nel VI secolo d.C. il medico Metrodora, scrisse un importante codice, conservato nella Biblioteca Laurenziana catalogato con il titolo: Le malattie delle donne
e contiene una trentina di ricette di carattere cosmetico, tra le quali alcuni profumi caratterizzati da materie prime come mirra, iris, nardo, cipero, storace, rosa, che venivano diffusi negli ambienti attraverso la combustione degli stessi su carboni ardenti, oppure preparati in unguenti e usati ‘per cospargere di buon odore il corpo
Sempre nella stessa epoca abbiamo l’opera di Cosma Indicopleuste, mercante e avventuriero che scrisse la Topografia cristiana, dove, con dovizia di particolari, l’autore descrive animali e piante che ebbe la fortuna di vedere nei suoi viaggi tra l’India e le isole di Ceylon .
Troviamo la descrizione di molte materie prime, animali e vegetali, necessarie per la creazione di profumi e similari.
Principessa Zoe: primo naso della storia?
Gli imperatori bizantini non si facevano mancare queste preziose spezie a costo di pagarle cifre folli, facendo largo uso di essenze, di olii profumati e prodotti cosmetici per la bellezza femminile e maschile.
L’esempio più interessante è forse quello descritto da Michele Psello (1018-1078) riguardo alla principessa Zoe. Scopriamo che era una sorta di profumiera provetta che si dedicava a scoprire nuove fragranze e che in età matura si dedicò con passione alla creazione di profumi trasformando la sua camera in bottega di mercato degna di un fabbro fuciniere.

a Bisanzio nell’XI secolo si producevano già i primi profumi e c’era l’uso di cambiare e provare diverse e nuove fragranze.
Proprio nell’XI secolo abbiamo la testimonianza più importante della trasmissione della cultura cosmetica da Bisanzio a Costantinopoli e poi a Venezia grazie al matrimonio di Teodora, figlia di Costantino Ducas imperatore di Costantinopoli con il doge Domenico Selvo, matrimonio combinato per intensificare i rapporti tra Venezia e l’antica Bisanzio.
La principessa bizantina divenne famosa per i suoi modi aristocratici; sembra essere stata lei a introdurre la forchetta nella città lagunare, l’uso del tovagliolo, le pirofile di vetro e le candele a muro. Ma soprattutto ci interessa l’uso addirittura smisurato che faceva di profumi ed essenze, tanto da scatenare le ire del cronachista coevo Pier Damiani, che si scagliò contro il lusso e la cura della bellezza, riportando numerosi aneddoti sulla vita della principessa bizantina:
Costei amava vivere una vita molle e delicata e si compiaceva a tal punto di cose morbide e piacevoli, in modo non solo superstizioso ma, direi, artificioso, che disdegnava pure di lavarsi con l’acqua comune. I suoi servi avevano un gran da fare a raccogliere dappertutto la rugiada del cielo, con cui le preparavano a grandissima fatica un bagno.
Un’altra principessa bizantina ad attirare il biasimo di Pier Damiani fu Teofano, sposa di Ottone II, sovrano del Sacro Romano Impero, colpevole di lavarsi troppo spesso, anche lei molte volte con la rugiada che faceva raccogliere ogni mattino dai suoi schiavi eunuchi e si profumava continuamente.
La condanna dei costumi raffinati delle donne era condivisa da parte di tutto il clero che trovava i comportamenti bizantini immorali, quindi destinatari della punizione divina.
Mentre a Bisanzio e nel mondo musulmano venivano prodotti profumi di qualità, l’Europa era avvolta ancora in quella sorta di puritanesimo cristiano che inibiva l’accettazione di questi nuovi prodotti che di fatto miglioravano l’aspetto fisico del corpo e rimarcavano ancora una volta la differenza sociale.
L’unico luogo dove invece erano almeno tollerati era Venezia che già dimostrava quella forma d’indipendenza verso il resto del mondo occidentale, intrattenendo commerci con il ricco Oriente bizantino grazie al quale accresceva notevolmente non solo il proprio patrimonio finanziario ma anche quello culturale.
In quel periodo, infatti, l’Oriente rappresentava il faro culturale per tutta l’Europa e Venezia si prefigurava come collante tra Oriente e Occidente, com’è stata efficacemente definita, ‘un fiore con solide radici in laguna ma con i petali protesi verso l’Oriente bizantino’




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